L’Italia è uno dei Paesi fondatori dell’Unione europea ed è membro del G7. Al di là dei ruoli formali, un grande Paese si caratterizza anche per il rispetto degli impegni che assume nei consessi internazionali e per la continuità dell’azione politica attraverso la quale cerca di conseguire quegli obiettivi che ha liberamente scelto di raggiungere.
Purtroppo, a metà del cammino definito nel settembre del 2015 dall’Assemblea generale dell’Onu per il conseguimento dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, il nostro Paese appare “fuori linea” rispetto ai 17 Obiettivi (Sustainable Development Goals – SDGs) che ci siamo impegnati a centrare entro la fine di questa decade.
Se per sei Obiettivi la situazione è addirittura peggiorata rispetto al 2010, per tre è stabile e per otto i miglioramenti sono contenuti. Guardando ai 33 Target valutabili con indicatori quantitativi, solo per otto si raggiungerà presumibilmente il valore fissato per il 2030, per 14 sarà molto difficile o impossibile raggiungerlo, per nove si registrano andamenti contraddittori, per due la mancanza di dati impedisce di esprimere un giudizio.
Insomma, non ci siamo proprio. Una famosa frase attribuita a Seneca dice che “Nessun vento è favorevole per chi non sa in quale porto vuole andare”. Ebbene, il Rapporto mostra chiaramente come in questi otto anni l’Italia non abbia scelto in modo convinto e deciso l’Agenda 2030 come mappa per realizzare uno sviluppo pienamente sostenibile sul piano ambientale, sociale, economico e istituzionale.
Ciò non vuol dire che non si siano fatti passi avanti in vari campi, ma, al di là di scelte errate, quello che è mancato è stato un impegno esplicito, corale e coerente da parte di tutta la società, di tutto il mondo delle imprese e di tutte le forze politiche che si sono alternate alla guida del Governo per trasformare il nostro Paese all’insegna della sostenibilità. Il risultato di tale non-scelta è quello sopra descritto ed è sotto gli occhi di tutti.