É ormai giunto alla quarta edizione il rapporto sulla povertà alimentare in Italia, realizzato da Action Aid quest’anno in collaborazione con Percorsi di Secondo Welfare.
L’idea di pubblicare un rapporto su questo importante tema nacque durante i primi mesi della pandemia. Da un lato, il Covid-19 aveva determinato un aumento senza precedenti sia delle richieste di aiuto sia delle risposte solidali da parte di intere comunità in tantissimi territori. Dall’altro, il settore dell’aiuto alimentare, storicamente pensato per chi viveva in condizione di grave indigenza e deprivazione, diventava uno degli strumenti fondamentali della risposta istituzionale all’emergenza sociosanitaria attraverso lo stanziamento, in appena un anno e mezzo, di oltre 1,3 miliardi di euro in buoni spesa per acquisti alimentari e di beni di prima necessità.
La pandemia “affamava” il Paese colpendo anche fasce di popolazione che non avevano mai avuto la necessità di ricorrere a forme di aiuto istituzionali, i cosiddetti nuovi poveri (lavoratori poveri, giovani precari, famiglie numerose e monogenitoriali). La traiettoria che ha condotto questi individui nella spirale della povertà risale almeno a dieci anni prima della pandemia, a seguito della crisi economica e finanziaria e delle politiche di austerità adottate dai Paesi europei. Nonostante ciò, gli interventi di contrasto alla povertà alimentare non si sono adeguatamente adattati ai nuovi bisogni sociali, rimanendo sostanzialmente immutati nell’impianto rispetto alla loro adozione nella seconda metà degli anni Ottanta del secolo scorso.
La povertà alimentare, oggi nel nostro Paese, è guardata utilizzando lenti rotte che, pur nel necessario esercizio di ricomposizione dei loro pezzi, lasciano inevitabilmente dei vuoti da colmare. Frammentati appaiono i dati statistici a disposizione che presentiamo nel primo capitolo. Come vedremo, sebbene restituiscano una fotografia interessante e variegata del fenomeno, soprattutto in termini di distribuzione territoriale e intensità su particolari target sociali (stranieri, famiglie numerose, famiglie monogenitoriali), non riescono a cogliere la natura multidimensionale della povertà alimentare.
Mettendo, infatti, l’accento, con limiti significativi, sulla sola dimensione economica del fenomeno, non rappresentano una proxy efficace per stimare la sua reale intensità e diffusione. Tali limiti finiscono per contribuire ad orientare in modo inadeguato anche risposte di policy il cui limitato impatto sul fenomeno, come evidenziato nel secondo capitolo, viene ulteriormente compromesso dal fatto di essere pensate solo sull’onda dell’emergenza, di non avere un adeguato coordinamento, di essere caratterizzate da un modello di governance fortemente settorializzato e incapace di articolarsi in modo efficace, sia sul piano verticale (fondi europei, fondi nazionali e interventi territoriali), che su quello orizzontale (coordinamento tra i diversi Ministeri competenti e tra tutti gli attori del sistema di contrasto).
La mancanza di lenti adeguate a leggere il fenomeno produce un’ulteriore e importante conseguenza: implementare interventi prevalentemente focalizzati a promuovere l’accesso fisico ed economico al cibo per le famiglie in condizioni di vulnerabilità attraverso la distribuzione alimentare, senza però intervenire né sulle sue determinanti, non esclusivamente monetarie e materiali, né sulle altre conseguenze del fenomeno (esclusione sociale, stress, stigma, ansia, solitudine).
Come il Rapporto cercherà di spiegare nel terzo capitolo, un approccio multidimensionale alle risposte non deve solo mirare a migliorare la qualità e la quantità del cibo che arriva alle famiglie, ma far sì che il cibo stesso diventi un elemento capace di innescare dinamiche sociali nuove che migliorino il lavoro di cura, riducano il senso di isolamento e di esclusione sociale, configurino nuove dinamiche socioeconomiche, creino prossimità, coesione e senso di appartenenza ad una comunità e più in generale promuovano il benessere alimentare delle persone.
I curatori del Rapporto sono consapevoli che quanto indicato in questo lavoro apra alla necessità di affrontare sfide di non poco conto nel ripensare complessivamente i modelli di contrasto alla povertà alimentare. Tuttavia, uscire da questa logica emergenziale, monodimensionale e schiacciata sul bisogno – oggi prevalente nel definire le politiche e azioni – è di fondamentale importanza al fine di riuscire ad offrire una risposta di opportunità e non solo di necessità alle persone che vivono in condizione di povertà alimentare.
Tuttavia, uscire da questa logica emergenziale, monodimensionale e schiacciata sul bisogno – oggi prevalente nel definire le politiche e azioni – è di fondamentale importanza al fine di riuscire ad offrire una risposta di opportunità e non solo di necessità alle persone che vivono in condizione di povertà alimentare.
Estratto dall'Introduzione del Rapporto Frammenti da ricomporre.