Studi e ricerche

CENSIMENTO DEL NON PROFIT

Cresce il numero delle istituzioni non profit attive, ma si riduce in misura significativa (-15,7%) il numero dei volontari rispetto alla rilevazione precedente.

 

martedì 30 maggio 2023

Al 31 dicembre 2020 le istituzioni non profit (Inp) attive in Italia sono 363.499 e impiegano complessivamente 870.183 dipendenti. Tra il 2019 e il 2020 le INP crescono dello 0,2%, meno di quanto rilevato tra il 2018 e il 2019 (+0,9%), mentre l’incremento dei dipendenti si mantiene intorno all’1,0% in entrambi gli anni.

 

Sebbene a partire dal 2018 siano cresciute di più nel Mezzogiorno, le Inp presentano una distribuzione territoriale piuttosto concentrata: oltre il 50% è attivo al Nord, il 22,2% al Centro, il 18,2% e il 9,4% rispettivamente al Sud e nelle Isole. In riferimento ai dipendenti la concentrazione territoriale è anche più evidente: per il 57,2% sono impiegati nelle regioni del Nord contro il 20,0% del Mezzogiorno.


La forma giuridica che raccoglie la quota maggiore di istituzioni (85,2%) resta l’associazione, seguono le INP con altra forma giuridica (8,4%), le cooperative sociali (4,1%) e le fondazioni (2,3%). La distribuzione dei dipendenti per forma giuridica permane piuttosto eterogenea, con il 52,9% impiegato dalle cooperative sociali e quote che si attestano al 19,6% nelle associazioni e al 15,3% nelle INP con altra forma giuridica.

 

Alla luce dei risultati della rilevazione campionaria il 72,1% delle Inp attive nel 2021 si avvale dell’attività gratuita di 4,661 milioni di volontari. Anche se in calo rispetto agli ultimi dati disponibili riferiti al 2015 (-15,7%)1, i volontari italiani rappresentano uno dei pilastri portanti del settore, svolgendo attività che incidono fortemente sullo sviluppo economico e sociale del paese, sulla qualità della vita, sulle relazioni sociali e il benessere dei cittadini. Occorre sottolineare quanto sia stato più che mai rilevante il loro contributo nel far fronte alle vulnerabilità e ai disagi sorti in seguito all’emergenza sanitaria da Covid-19.

 

Nell’ambito dell’indagine sono state rilevate informazioni che permettono di caratterizzare l’attività delle Inp anche in relazione ai destinatari e i beneficiari delle loro attività, da cui emerge anche l’orientamento al disagio sociale.


L’86,5% delle Inp attive nel 2021 è impegnato in attività rivolte alla collettività in generale (attività diretta ad un vasto pubblico e non a singoli individui), mentre il 13,5% orienta la propria attività ed eroga servizi a categorie di persone con specifici disagi. In particolare, tra le istituzioni dedite al disagio, il 7,4% orienta le proprie attività sia a persone con specifici disagi sia ad altri, il 3,7% orienta le proprie attività in misura prevalente a persone con specifici disagi mentre il 2,4% lo fa in maniera esclusiva.

 

Considerando le diverse categorie sociali con situazioni di fragilità, vulnerabilità o disagio, nel 55,8% dei casi le Inp si occupano di disabilità fisica e/o intellettiva, nel 32,9% di persone in difficoltà economica e/o lavorativa, nel 31,2% di persone con disagio psico-sociale, nel 25,3% di persone vulnerabili, ad esempio in condizione di solitudine o isolamento. A seguire, il 24,4% delle istituzioni dedite a categorie disagiate si occupa di minori (inclusi minori in difficoltà, minori stranieri non accompagnati, gestanti o madri minorenni), il 17,5% di familiari di persone con disagio, il 13,2% di persone affette da patologia psichiatrica e il 12,9% si occupa di immigrati, richiedenti asilo, rifugiati, profughi, Rom, Sinti e Caminanti.

 

La transizione digitale è un elemento cruciale per accelerare i processi di innovazione del settore non profit e consente alle INP di rispondere efficientemente ai bisogni sociali sul territorio, fornendo tempestivamente i servizi volti alle comunità di riferimento.
Nel 2021, il 79,5% delle INP italiane ha utilizzato almeno una tecnologia digitale.

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