Storie di ordinaria cooperazione

UNA VIA D'USCITA ALLA PORTATA DI TUTTE

In occasione del 26 giugno, giornata internazionale contro il consumo e il traffico illecito di droga, Dianova Italia ha aderito alla campagna per sensibilizzare sulla stigmatizzazione che ancora oggi riguarda le donne con problemi di dipendenza da sostanze, droghe e alcol.

giovedì 6 luglio 2023

In occasione del 26 giugno Dianova Italia ha aderito alla campagna di Dianova International “Una via d’uscita alla portata di tutte” per porre l’attenzione sulla necessità di poter contare su servizi inclusivi e accessibili per tutti e tutte e per sensibilizzare sulla stigmatizzazione che ancora oggi riguarda le donne con problemi di dipendenza da sostanze, droghe e alcol.

 

Le dipendenze non fanno discriminazioni di genere, ma il genere invece può condizionare l’accesso ai servizi. Già di per sé è difficile accedere ai servizi di trattamento infatti solo una persona su cinque con problemi di dipendenza da sostanze vi si rivolge; oltretutto, se questa persona è una donna è ancora più complicato: secondo una ricerca della UNODC (Ufficio delle Nazioni Unite sulla Droga e il Crimine) solo il 20% delle persone che intraprendono un percorso di trattamento sono donne.

 

Un dato che evidenza appunto la grande differenza all’accesso ai servizi è portato alla luce dalla Relazione al Parlamento sulle Tossicodipendenze 2022 che fa emergere come nel corso dell’anno in Italia i SerD abbiano assistito 123.871, di questi la maggior parte sono maschi (86%) e hanno mediamente quasi 42 anni risulta invece più giovane l’utenza di genere femminile, con un’età media di 40 anni.

 

Se da una parte nel nostro paese i Servizi per le dipendenze (servizi pubblici/privati come Sert, NOA, Smi, Comunità Terapeutiche etc…) stanno sempre più implementando programmi, reti e servizi dedicati alle donne con problemi di dipendenza, la stigmatizzazione è ancora oggi molto presente e radicata.

 

Sebbene la letteratura sulle donne con problemi di dipendenza sia ancora molto poco sviluppata, un’interessante ricerca di Anna Paola Lacatena, Dirigente Sociologa del Dipartimento Dipendenze Patologiche dell’ASL di Taranto, pubblicata sul Periodico trimestrale della Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze – FEDERSERD, Mission n° 53 dell’aprile 2020, mette in luce le difficoltà che le donne con problemi di dipendenza possono incontrare non solo nel corso della loro vita, ma anche quando si rivolgono ai servizi dedicati.

 

Grazie ad alcuni studi e grazie all’esperienza di Dianova, possiamo individuare diversi e molteplici fattori che ostacolano le donne nel cercare aiuto per una condizione di dipendenza. Spesso le donne con problemi di dipendenza possono aver subito aggressioni, abusi o violenze, o possono aver messo in atto condotte sessuali pericolose e la paura di essere giudicate e additate come “causa del proprio male” può limitare l’accesso ai servizi dedicati alle dipendenze.

 

Senza contare la paura di perdere la custodia dei/delle figli/e e l’etichetta di “madre inadeguata”; è dimostrato che se prendiamo ad esempio un contesto famigliare dove entrambi i genitori hanno un problema di dipendenza, è più probabile che i servizi sociosanitari o giuridici si concentrino molto di più sulla madre che sul padre, proprio perché il ruolo di “caregiver” è principalmente associato alle donne.

 

Anche il divario economico ancora oggi presente tra uomini e donne spesso rende difficile ottenere un’indipendenza economica e sociale e, conseguentemente, ostacola il reinserimento sociale. Ma non solo, la stigmatizzazione delle persone che fanno uso di sostanze è un ostacolo alla prevenzione, alla promozione della salute, alla riduzione del danno e agli sforzi terapeutici, e spinge anche le persone che fanno uso di sostanze a interiorizzare la propria stigmatizzazione, che può portare a livelli più elevati di stress, bassa autostima e sentimenti di vergogna, colpa, rabbia e disperazione che a loro volta possono alimentare o peggiorare l’uso di sostanze.

 

Ancora oggi le donne con problemi di dipendenza sono considerate “colpevoli” della loro condizione; il consumo di sostanze, droghe o alcol, di un uomo sembra essere più giustificato rispetto a quello di una donna che nell’immaginario della nostra società dovrebbe avere un senso del dovere, del sacrificio e del “prendersi cura degli altri” molto più grande.

 

Il concetto di vergogna che nasce da questo senso di colpa può permeare in ogni contesto: personale, famigliare, ambientale e sociale e questo porta diverse difficoltà per una donna a chiedere aiuto; senza contare quanto sia insita nella donne l’auto-stigmatizzazione un elemento che ha un forte impatto anche in termini terapeutici, come afferma Rita Ferendeles, Responsabile Terapeutica della Comunità Dianova di Palombara Sabina con un’esperienza pluriennale nell’ambito dell’intervento residenziale al femminile: “L’induzione dei sensi di colpa è strettamente collegata allo stigma; nella mia opinione è l’elemento più deleterio che ci possa essere, addirittura più del pregiudizio delle persone esterne. Lo stigma auto indotto nelle donne ha una risonanza e una complessità maggiore dal punto di vista emotivo perché rischia di condizionare l’autostima e la percezione dell’auto efficacia, perché va ad alimentare quel disvalore personale che si vuole eliminare. È come un circolo vizioso perché i sensi di colpa nei confronti di sé stesse portano le donne ad aumentare le proprie barriere. È necessario lavorare molto bene sulla prevenzione, sugli stereotipi e sui pregiudizi; l’auto-stigma diventa un elemento che non solo influisce negativamente sulla sfera famigliare, relazionale ed emotiva, ma diventa un ostacolo anche in termini terapeutici. L’auto-stigma si fonde con le fragilità della persona in modo molto sottile ed è molto impattante.”

 

Anche i professionisti del settore delle dipendenze devono sforzarsi non solo di attuare programmi e interventi dedicati alle donne ma anche di abbandonare i luoghi comuni e gli stereotipi di genere per poter concretamente lavorare sulla complessità del fenomeno della dipendenza tenendone in considerazione le sfaccettature.

 

Quando si lavora con una donna con problemi di dipendenza è necessario avere attenzione alla dimensione emotiva della persona, sempre secondo la D.ssa Ferendeles: “La tenuta emotiva della persona è la dimensione più peculiare: bisogna lavorare molto bene sull’”impalcatura” emotiva della persona per darle le basi per mantenere un’autostima e un’auto efficacia. Questo vale ovviamente per tutti, ma per le donne è un aspetto che va molto sostenuto, sia in termini educativi che in termini terapeutici.

Un altro fattore importante è il senso di sicurezza, bisogna fare in modo che una donna si senta libera e sicura nel raccontare la propria storia agganciandola alle proprie emozioni perché spesso le donne con problemi di dipendenza hanno alle spalle diversi traumi e non viene dato loro modo di attribuire un significato a ciò che hanno vissuto.”

 

Proprio per porre l’attenzione sulla condizione delle donne con problemi di dipendenza nelle Comunità Dianova di Cozzo, Garbagnate e Palombara da diversi anni, oltre ai tanti strumenti terapeutici sia individuali che di gruppo applicati nel contesto residenziale, è attivo il Gruppo Donne, un intervento mirato e specifico che ha proprio l’obiettivo offrire alle donne ospiti uno spazio protetto, dedicato e tutelato dove affrontare le tematiche di genere come ad esempio la maternità, la violenza, la cura di sé e le relazioni.

 

Dianova da anni promuove e avvia azioni di incidenza politica sulla necessità di implementare una prospettiva di genere nelle politiche sulle droghe e nei servizi per le dipendenze. Con la campagna “Una via d’uscita alla portata di tutte” (#RimuovileBarrierediGenere) vuole rinforzare ancora una volta il messaggio che è essenziale poter contare con servizi per le dipendenze inclusivi e accessibili a tutte e tutti.

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