Immaginate un palco, non solo come spazio di scena, ma come un ponte verso la rinascita e la resilienza. È quello che sta accadendo a Ortacesus, in Sardegna, dove la rinomata compagnia teatrale Cada Die Teatro ha portato avanti un progetto straordinario all'interno della comunità terapeutica Dianova.
Qui, il teatro non è solo arte, ma un vero e proprio motore di cambiamento profondo per chi cerca di ricostruire la propria vita dopo esperienze difficili.
Il progetto, parte dell'iniziativa nazionale "Per Aspera ad Astra – Come riconfigurare il carcere attraverso la cultura e la bellezza", ha visto sette ospiti di Dianova salire sul palco del teatro comunale di Ortacesus. Insieme a due operatrici del Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti (CPIA 1) di Cagliari, Anna Serra e Cristina Cabiddu, hanno messo in scena "Sulla faccia della terra", un laboratorio teatrale condotto dai registi e attori Alessandro Mascia e Pierpaolo Piludu.
Lo spettacolo si ispirava all'ultimo romanzo di Giulio Angioni, uno dei più grandi antropologi sardi. Il testo era molto impegnativo e tutt'altro che banale, ma l'argomento era potente e profondamente risonante per i partecipanti. La storia, ambientata nel 1258, narra la resilienza di uomini e donne che, dopo la distruzione della città di Santa Igia da parte dei pisani, si salvano fingendosi morti. Si rifugiano poi in un'isoletta dello stagno, un tempo luogo di isolamento per i lebbrosi. Lì, protetti dalla paura del contagio, riescono a dare vita a una piccola comunità basata sull'uguaglianza tra uomini e donne di diversa provenienza sociale, religiosa e geografica, sfruttando le risorse dello stagno e le capacità di ciascuno. Questa storia antica, che parla di resilienza, richiama potentemente la realtà di questi tempi di guerra.
Tra i protagonisti di questa straordinaria esperienza ci sono Pasquale e Aldo, uomini che hanno trovato nel teatro una nuova direzione, un modo per lasciare la "strada conosciuta" e cercare un percorso nuovo.
Pasquale, nonostante una vita tormentata che lo ha portato a commettere una serie di reati, ora scontati, da nove mesi segue un percorso di ricostruzione personale presso la comunità Dianova a Ortacesus. Aveva già vissuto in comunità tra il 2017 e il 2018, ma allora cercava un'alternativa al carcere per traffico di droga. Questa volta, la sua è stata una scelta ponderata, e proprio per questo è più dura, perché lo costringe a mettersi in discussione ogni giorno. Ha fatto molti sacrifici e si è posto obiettivi, come la riconciliazione con la sua famiglia, suo figlio e la sua compagna. Il suo ritorno a Dianova ha sorpreso gli assistenti sociali. La sua motivazione profonda è tagliare i ponti con il mondo della droga, in particolare il crack, che "ti porta via l'anima". Salire sul palco gli ha fatto capire molte cose su sé stesso, sul suo passato e sul suo futuro, e spera di poter proseguire con il teatro in modo più impegnativo.
Aldo, è a Dianova da cinque mesi. In precedenza era stato a San Patrignano e in altre comunità. Ha raccontato di aver toccato il fondo, di essersi trovato in mezzo alla strada come un barbone, usando eroina. Dopo una settimana sotto i ponti, ha tentato il suicidio, ma è stato salvato e ha capito di dover cambiare. La sua esperienza in carcere risale al periodo tra il 1992 e il 2001, quando aveva iniziato a delinquere "quasi per gioco" per l'adrenalina. La droga lo ha rovinato, portandolo a commettere furti, rapine e ricettazione. Entrato a Dianova, ha subito chiesto di fare qualcosa di motivante e interessante. Provenendo da un'esperienza di danza con la sua ex compagna, ballerina professionista, la proposta di Cada Die era perfetta per rimettersi in gioco.
Cada Die Teatro è una delle 16 compagnie teatrali italiane coinvolte nella settima edizione del progetto "Per Aspera ad Astra", sostenuto da fondazioni bancarie come la Fondazione di Sardegna. Alessandro Mascia e Pierpaolo Piludu, due dei fondatori di questa realtà nata nel 1982, hanno condotto il laboratorio. Per loro, lavorare con persone che non hanno mai calcato le scene è una "bella scommessa" che porta sempre grandi soddisfazioni.
I registi sottolineano l'importanza di utilizzare il teatro come un autentico motore di cambiamento profondo. Nonostante lavorino spesso con persone con grandi disagi, spesso emarginate, e a volte detenuti dell'alta sicurezza con gravi reati alle spalle, essi non guardano a ciò che hanno commesso, ma piuttosto a ciò che li unisce: l'essenza di umanità senza pregiudizi, al di fuori dell'isolamento del carcere.
Richiede curiosità, disponibilità, pazienza e serietà, con regole chiare per gestire le tensioni che spesso esistono tra i partecipanti.
Mascia ha spiegato che, pur avendo lavorato con il gruppo per circa otto mesi, l'obiettivo non era quello di "sfornare attori finiti". Il senso del progetto è piuttosto creare un "ponte culturale e artistico" per approdare all'espressione artistica, che non deve essere necessariamente il teatro, ma può includere musica, scultura, scenografia, e tutto ciò che impone lavoro e un cambiamento di percorso. Questo dimostra che la realtà è aperta, non cieca e sorda, e che esiste una parte della società che guarda queste persone come normali, non solo per le loro qualità.
Il teatro, in questo contesto, si conferma uno strumento unico per promuovere il riscatto personale e l'integrazione sociale.