Storie di ordinaria cooperazione

BENI COMUNI: LUOGHI, LEGAMI E PARTECIPAZIONE

Cascina Biblioteca ha promosso lo scorso 28 settembre una tavola rotonda per parlare di reti, attori sociali, collettività.

martedì 8 ottobre 2024

Il 28 settembre in Cascina Biblioteca si è tenuta una tavola rotonda sul tema dei beni comuni, con la partecipazione di diversi relatori che hanno dato importanti contributi, generando una discussione interessante sul tema, visto da prospettive differenti. Due fondazioni, un’impresa, un’associazione, la pubblica amministrazione, un rappresentante delle cooperative sociali, l’università. La presenza di questi soggetti dimostra che è fondamentale la sinergia tra tutti i soggetti per valorizzare e rendere generativo il bene comune e realizzare obiettivi importanti.

 

L’ascolto credo sia il tema più importante, perché le fondazioni hanno l’obiettivo di sostenere e stimolare un certo cambiamento culturale che, ovviamente, deve andare nella direzione, dell’inclusione. Nessuno deve essere escluso. E’ chiaro che il tema degli incontri, della lettura delle progettualità che vengono presentate alle fondazioni ci permette di avere l’indicazione della direzione in cui sta andando la risposta al bisogno e quali sono i bisogni emergenti. Quindi ascolto! Serve un macrosistema che permetta di spingere verso la parità di opportunità per tutte le persone, indipendentemente dalla fragilità che si portano dietro” racconta Marco Rasconi, di Fondazione Cariplo, rispondendo alla domanda relativa alle modalità con cui le fondazioni possono comprendere i bisogni del territorio e rispondere con progetti efficaci.

 

Anche Paolo Landi, della Banca Popolare di Milano, che rappresenta Fondazione BPM, sottolinea che l’ascolto è centrale: “Banco BPM, ha una rete di filiali tradizionali e una struttura che si occupa di Terzo Settore, che aiuta a intercettare le realtà del Terzo Settore che possono avere relazione bancaria in maniera più specifica. E poi c’è la fondazione BPM, che è una delle sei fondazioni locali di Banco BPM, che sono molto vicine al territorio e sono in grado di intercettare meglio i bisogni, di poter rispondere meglio e in modo eterogeneo. Un esempio? Progetto di inclusion & diversity, SVS Donna, sul tema della violenza femminile, per supportare donne vittime di violenza, che vengono ospitate insieme ai figli per 24 mesi: qui la fondazione BPM ha finanziato una cucina che favorisce la professionalizzazione e l’autonomia delle donne”.

 

Come le istituzioni possono facilitare questi processi? “Il Comune di Milano sta procedendo in un percorso di co-programmazione e co-progettazione di tutti i servizi che sono sul territorio, in particolare i CAG, CAM – Centro attività multifunzionale, Centri anziani. Per allargare le reti, creare attività diffuse sul territorio. Stiamo lavorando con un facilitatore, seguendo linee guide del Comune e del Municipio 3.

Dobbiamo ascoltare il territorio e lavorare in rete con altre realtà del territorio, così anche se ci sono pochi fondi si ottengono buoni risultati. Il tessuto sociale di Milano è molto attivo, anche se non è semplice mettere intorno ad un tavolo attori sociali diversi. Abbiamo tanti esempi virtuosi, pensate al negozio Insalata Matta, comprando lì si sostiene questo luogo. Sulla rigenerazione urbana e uso dei beni comuni il Municipio 3 cerca di leggere molto ciò che accade sul territorio. Far vivere bene i luoghi è importante, così come renderli belli. Un altro esempio è il disc golf: in un’area del Parco Lambro, con un piccolo contributo, è stato creato un percorso di disc golf. L’area pubblica così è stata riqualificata, con una piccola idea e un contributo piuttosto basso” sostiene Caterina Antola, Presidente del Municipio 3 del Comune di Milano.

 

Nel tessuto sociale anche le imprese oggi hanno un ruolo sempre più attivo. Come possono le società benefit o le Bcorp contribuire al bene comune?Le società benefit e soprattutto le società Bcorp, quelle certificate da un ente esterno sovranazionale, possono partecipare al bene comune perché hanno un obiettivo sociale al loro interno. Spesso si sottovaluta l’importanza delle imprese, che sono uno degli attori; le imprese disponibili a lavorare insieme, con pari dignità, ci sono già, è sufficiente accoglierle e proporre loro dei progetti concreti. L’azienda che dirigo ha 68 anni e ha dato lavoro a più di 40 ex-tossicodipendenti, anche in alternativa al carcere. Credo che le aziende dovrebbero lavorare soltanto e soprattutto con ETS o con altre aziende certificate BCorp. Bisogna creare un movimento di aziende che lavorano per aiutare gli ultimi e attivare anche il mondo laico dei giovani, che sono attivi e ci credono. La rete di soggetti è vincente, per esempio, a Lainate c’è l’associazione Filiera, di cui Omtra e Cascina Biblioteca fanno parte, che unisce tanti attori diversi, un hub pratico, attivo, concreto per conciliare domanda e offerta” racconta Giorgio Spadoni di Omtra, Bcorp e cliente della manutenzione del verde di Cascina Biblioteca.

 

Un altro tema piuttosto recente è quello del volontariato aziendale, che è aumentato in modo rilevante negli ultimi anni. Lo ereditiamo dal mondo anglosassone e, non solo fa bene agli ETS ma fa anche conoscere le loro realtà ai dipendenti, che possono attivarsi poi anche a livello individuale” sostiene Andrea Fanzago, Presidente CSV e moderatore della tavola rotonda.

 

Molto importante anche il contributo del mondo della cooperazione, grazie a Giovanni Carrara, Presidente di Coop Cooperative Milano e dei Navigli. “Oggi ci sono le BCorp e le Benefit, però l’articolo 41 della nostra Costituzione che sancisce la libertà dell’impresa e dell’industria privata, subito dopo indica “nel rispetto dei valori sociali”, ora poi anche “della salute e dell’ambiente”. Ciò significa che è l’impresa in quanto tale che ha e deve avere dentro una vocazione comunitaria e sociale. Ed era un po’ la radice anche della matrice economica che è stata per secoli, salvo poi il capitalismo degli ultimi 40 anni, che ce l’ha fatta un po’ dimenticare. Credo che la cooperazione dimostri che un’economia diversa e possibile. E lo è anche in alleanza con imprese che hanno questa sensibilità. Quell’alleanza tra comunità, impresa, istituzioni, che con pari dignità si siedono insieme ai tavoli dove si osserva e si progetta il territorio. Abbiamo uno strumento potentissimo, la co-programmazione che è la chiave di volta su cui bisogna imparare a lavorare. Questa è una grande sfida per noi e per le istituzioni perché programmare significa sia avere una visione, ma anche pensare al tipo di risorse. Un esempio concreto di questa cooperazione che il sistema delle cooperative ha vissuto recentemente è il recupero delle cascine periurbane, beni comuni messi a disposizione di attori del terzo settore, grazie al sostegno delle fondazioni: questo mostra la corresponsabilità, anche in termini di investimento di risorse, la visione comune e la capacità di incidere sui territori” sostiene Giovanni Carrara.

 

Come può essere utilizzata l’innovazione tecnologica e ambientale dal Terzo settore per migliorare la propria efficienza? “Per quanto concerne la tecnologia, ci sono due difficoltà: un gap generazionale e la mancanza di risorse delle realtà piccole e medie, a cui mancano anche gli strumenti e per questo necessiterebbero di un grosso salto culturale. Anche la sostenibilità ambientale deve diventare parte delle strategie e della quotidianità, per esempio prestando attenzione a che prodotti si acquistano” conclude Carrara.

 

Ma quali sono le innovazioni sociali e organizzative oggi necessarie per chi opera nel terzo settore, secondo il mondo universitario? “Nelle società occidentali c’è un problema rilevante di frammentazione e di isolamento. Per combattere questa epidemia di solitudine, si devono fare cose insieme. Secondo me, il Terzo Settore negli ultimi anni ha sentito una spinta verso la trasformazione imprenditoriale, l’efficienza, l’attenzione a questioni amministrative, economiche; questioni rilevantissime, ma forse questo ha portato a trascurare l’altro elemento, quello della partecipazione attiva, del volontariato, dello spazio aperto alla cittadinanza, cioè la creazione di luoghi all’interno dei quali la cittadinanza si riconosca e veda come propri. Una parte della sfida è quella di fare le cose con i cittadini e per i cittadini” sostiene Giampaolo Barbetta, Professore di politica economica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore.

 

Come può l’università favorire la partecipazione dei giovani alle attività degli ETS? “I giovani oggi sono sempre meno e all’università va il 30% di essi. Una sfida oggi è il Service-Learning che mette gli studenti di fronte a problemi presenti nella realtà di vita, li avvicina alla loro comunità, promuovendo la loro partecipazione attiva. E’ un servizio solidale, destinato a soddisfare alcuni bisogni veri e sentiti di una comunità. Quindi bisogna promuovere esperienze di studio che comportino la partecipazione ad attività del Terzo Settore” conclude Barbetta.

 

E’ centrale anche il ruolo delle associazioni, come quello di Anffas Milano – associazione locale di Anffas nazionale – fondata alla fine degli anni ’50 da famiglie di ragazzi con disabilità con l’obiettivo di generare servizi per soddisfare le esigenze delle famiglie con disabilità. “Anffas Milano offre servizi a target diversi, fa attività di avocacy cioè quella di rappresentanza di diritti delle persone con disabilità a livello comunale e nazionale, ma ha anche delegato molte attività ad altre realtà, come le cooperative sociali. Oggi la domanda di servizi è altissima per tutte le fasce d’età e sono cambiate le esigenze e i desideri; non si parla solo di sopravvivenza, ma di esigenze di inclusione a livello scolastico, lavorativo, del tempo libero, di vita autonoma senza i genitori, opportunità di volontariato. Milano offre tantissimi servizi ma ciò che manca è la connessione tra domanda e offerta; bisogna lavorare ancora per consentire alle famiglie di accedere a tutte le informazioni e attività, magari con una piattaforma informatica o momenti di incontro. Molte famiglie sono disperate perché non trovano i servizi che cercano. Dobbiamo anche stimolare la creatività dei vari attori, coinvolgere imprese, università, affinché i ragazzi siano davvero inclusi. Oggi bisogna personalizzare il servizio, non bastano i servizi standard” racconta Elisa Aspesi Toni di Anffas.

 

Emerge poi una questione: spesso arrivano i finanziamenti dalle fondazioni ma quando questi si esauriscono i progetti faticano ad andare avanti. Come evitarlo? Le fondazioni premiano i progetti che hanno una prospettiva a livello valoriale, ma anche la sostenibilità economica e la capacità di sopravvivere dopo il finanziamento. È un tema complesso, anche per i nuovi bisogni nascenti, come la speranza di vita, il dopo di noi, accesso alla casa e al lavoro. La società deve dare una risposta continuativa alla fragilità. Questo è anche un percorso culturale, con il coinvolgimento dei giovani e delle realtà, per mettere al centro le persone e valorizzare il “prendersi cura dell’altro”” conclude Marco Rasconi.

 

La sostenibilità economica è davvero un tema rilevante, lo sottolinea anche Paolo Landi che sostiene che anche gli ETS devono essere profit perché devono saper essere sostenibili, mantenere in vita progetti e attività. E’ importante, secondo lui, puntare sulla professionalità e attrarre talenti, ma anche i pensionati, risorse con un’esperienza quarantennale che potrebbero mettere a disposizione del Terzo Settore.

Quali sono i processi di cambiamento da attuare per garantire la sostenibilità economica? “Una risposta potrebbe essere trovata nella spesa pubblica: è inevitabile pensare che il bene comune vada perseguito con i soldi pubblici ma si deve rivedere le priorità della spesa pubblica, per destinare più risorse a questi ambiti. Anche il fundraising è importante, ma non è sufficiente. Inoltre, nella società c’è una disponibilità più alta a pagare i servizi, rispetto a ciò che pensiamo. Poi, bisognerebbe curare maggiormente l’anima mutualistica, gruppi di persone che contribuiscono perché godono del bene comune e quindi se ne prendono cura” conclude Giampaolo Barbetta.

 

I beni comuni acquistano valore quanto più vengono utilizzati e “consumati””aggiunge Francesco Allemano, presidente di Cascina Biblioteca. “I beni comuni sono a disposizione di tutti e generano un effetto positivo sul territorio perché favoriscono la costruzione di legami, di relazioni, per chi li usa, li frequenta e li valorizza, creando un valore a disposizione della collettività. I beni comuni aiutano a ricostruire il tessuto sociale” conclude Andrea Fanzago.

 

Tematiche importanti e complesse che andrebbero approfondite ancora, ma che gettano le basi per fare riflessioni importanti sulla rete, sulla necessità della presenza di attori diversi, sulla co-programmazione, la sostenibilità economica.

 

* Articolo di Elena Romano sul sito di Cascina Biblioteca

Resta informato