Le CER, in questi anni, hanno suscitato una convergente attenzione non solo da parte di realtà associative, cooperative o fondazionali ma altresì di poteri pubblici locali e della stessa Conferenza Episcopale Italiana (CEI). Non a caso sia ANCI, - l'associazione nazionale dei comuni italiani - sia la CEI hanno recentemente prodotto due utili “vademecum” per la nascita, l'avvio e la gestione di una CER.
Il Governo stesso, con il D.lgs.199/2021, ha introdotto significativi incentivi per tutte le CER che entreranno in funzione entro il 30 giugno 2026 e, con una specifica norma del PNRR, sono state disposte risorse per le CER dislocate nei Comuni con popolazione sotto i 5000 abitanti. Queste ultime potranno godere, non solo della tariffa incentivante per una durata di 20 anni per la produzione di energia rinnovabile, ma altresì di un contributo in conto capitale a fondo perduto per la messa in opera delle stesse CER.
A ciò si aggiunga - per venire alla specificità delle CER in forma di ETS – che, con l'art. 3 – septies del D.l. 57/2023, sono stati inseriti, tra le attività di interesse generale (previste dall'art.5 del Codice del Terzo settore ), alla lettera e) anche gli “interventi e servizi finalizzati alla produzione, all'accumulo e alla condivisione di energia da fonti rinnovabili a fini di autoconsumo", ai sensi del D.lgs. n.199/2021.
Dunque, nel mentre si predisponeva il report di ricerca, sia la modifica sopra richiamata, sia l'ottenimento (gennaio 2024) dell'autorizzazione comunitaria relativa al trattamento della tariffa incentivante, hanno creato le condizioni per un pieno sviluppo delle CER e per un utilizzo sistematico delle diverse tipologie giuridiche degli ETS, quale forma organizzativa tipica di una CER. Non di meno restano non pochi problemi interpretativi che, man mano, si vanno sciogliendo sia mediante interventi chiarificatori del MASE, sia attraverso le risposte a specifici interpelli o all'emanazione di circolari da parte dell'Agenzia delle Entrate.
La scelta allora di creare una CER in forma di ETS appare coerente non solo per una qualificata consonanza ideale con le finalità tipiche delle CER; ma anche per una possibile convenienza sul piano del trattamento fiscale della stessa. Infatti una CER, dovendo per statuto essere un ente di tipo collettivo; non avere finalità di lucro; avere una struttura aperta con condizioni di ingresso non particolarmente gravose; e perseguendo finalita' di fornitura di benefici ambientali, molto si avvicina all' orientamento valoriale e alla struttura organizzativa tipica di un ETS.
Alla convergenza ideale e alla contestuale coerenza nella forma organizzativa, si associa anche una convenienza economica in quanto la CER/ETS potrà accedere a tutti i benefici fiscali previsti dalla riforma del Terzo settore: accesso alle erogazioni liberali, imposta di registro in misura fissa per tutti gli atti, possibilità di partecipare a procedure di amministrazione condivisa, utilizzo del social bonus.
Non di meno restano due problematiche che sono state ampiamente discusse e documentate in questa guida operativa. Quale delle diverse forme giuridiche tipiche degli ETS è meglio scegliere? E come gestire l'intero processo – ideazione, avvio, gestione e verifica dell'impatto – di una CER/ETS?
Temi che sono stati affrontati nella parte centrale della guida fornendo un’analisi delle possibili forme giuridiche a seconda del soggetto promotore e provando a formulare una risposta mediante il contributo del partner Fratello Sole che si sostanzia in una piccola guida operativa con tutte le tappe del percorso da compiere per coloro che volessero gestire una CER in modo efficace sul piano giuridico, tecnico, sociale ed economico e continuando a perseguire le finalita' tipiche della stessa CER.
Un' ultima considerazione: la scelta della CER in forma di ETS potrebbe rivelarsi maggiormente coerente e appropriata nel caso in cui la produzione e il consumo di energia rinnovabile non si riverberi unicamente come vantaggio economico per i promotori della CER; ma sia altresì indirizzata verso la generazione di benefici sociali per la comunità di appartenenza, favorendo, al contempo, l’accesso ad energia meno costosa per le fasce più vulnerabili della popolazione e valorizzando gli utili derivanti dalla produzione di energia per finalita' squisitamente sociali.
In conclusione, si può affermare che siamo solo all'inizio di un processo che potrebbe rivelarsi di vasta portata sia per i benefici ambientali derivanti, sia per una possibile democratizzazione dell’accesso alle fonti energia.
* Dalla Prefazione al volume di Luigi Bobba - Presidente della Fondazione Terzjus Ets