Questo rapporto è il risultato di una ricerca realizzata sotto la responsabilità del Nucleo di valutazione e analisi per la programmazione (NUVAP) del Dipartimento per le Politiche di Coesione (DPCoe) della Presidenza del Consiglio dei Ministri con l’obiettivo di compiere una prima analisi valutativa sul riuso collaborativo di spazi fisici da destinare a nuove attività e progetti di interesse collettivo.
Negli ultimi dieci anni, il territorio italiano, infatti, ha visto nascere e svilupparsi una pluralità di esperienze che, attraverso forme di collaborazione tra cittadini e cittadine, organizzazioni del terzo settore, imprese e amministrazioni locali, hanno messo in atto processi di rigenerazione e riuso di spazi e beni inutilizzati, sotto-utilizzati o abbandonati, con finalità di utilità sociale e culturale a beneficio delle comunità locali.
La ricerca nomina queste pratiche di riuso, queste nuove forme di infrastrutturazione sociale di prossimità, “Spazi di comunità”. Di particolare interesse risulta essere il ruolo e la funzione che queste esperienze - fortemente contestuali e ampiamente differenziate nelle espressioni – svolgono sui territori.
Sono infatti esperienze che provano a offrire risposte a bisogni collettivi non sempre considerati e, a volte, assenti dalle politiche, contribuendo attivamente al welfare e al benessere dei territori; sono occasioni per lavorare sul tema della coesione sociale in quartieri fragili e con problematiche sociali; sono dei catalizzatori di energie sui territori e innesco di progettualità di rigenerazione e sviluppo degli stessi; contribuiscono a proporre agende urbane innovative e pratiche sperimentali giovanili e/o culturali, a fornire servizi integrati progettati in base alle necessità locali, a rinforzare legami sociali e relazioni tra diversi soggetti che operano in un territorio.
Si tratta di esperienze che provano a innovare la produzione di servizi, le pratiche culturali, le forme del lavoro, i modi di abitare, affrontando temi di inclusione e coesione sociale, abilitando dialoghi nuovi tra pubblico, privato e comunità e stimolando trasformazioni che pongono in diretta connessione innovazione istituzionale e innovazione sociale.
L’interesse delle amministrazioni pubbliche verso queste modalità collaborative di riuso del patrimonio è stimolato dalla crescente consapevolezza degli enti pubblici rispetto alla necessità di interfacciarsi con l’attivismo civico e sociale per disegnare percorsi nuovi, più rispondenti ai bisogni delle comunità anche grazie alle nuove possibilità offerte dagli istituti della co-programmazione e della co-progettazione.
Consapevolezza che ha aperto un necessario spazio di riflessione sul piano amministrativo e delle politiche pubbliche al fine di individuare strumenti e indirizzi in grado da un lato, di abilitare e sostenere le sperimentazioni in atto, e dall’altro di garantire trasparenza e percorribilità procedurale, perseguimento dell’interesse pubblico e della qualità e inclusività degli interventi.
Una prima stagione di sperimentazione sembra essere, infatti, giunta ora a conclusione, offrendo la possibilità di tracciare un primo bilancio. Le esperienze condotte in questi anni rientrano nell’ambito “dell’innovazione sociale place-based” e rappresentano un patrimonio importante a cui guardare per individuare possibili linee di intervento e future politiche utili a rafforzare il passaggio da una responsabilità meramente istituzionale ad una condivisa con la comunità nel disegno e nell’implementazione di politiche pubbliche, in risposta a bisogni sociali, emergenti o comunque insoddisfatti.
(Dalla premessa di Spazi di Comunità)