DINAMICHE DEL MERCATO DEL LAVORO
1) Un’occupazione senza crescita
Nel corso del 2023 non si è verificata in Italia una crescita del PIL pari a quella dell’occupazione. In un contesto di modesta crescita, il numero degli occupati (dipendenti e indipendenti) è aumentato fino a raggiungere quota 23 milioni e 580 mila con un incremento anche della componente femminile, che non può ancora ritenersi soddisfacente e che, tuttavia, per la prima volta supera la quota di 10 milioni.
Comparato a quello dei principali Paesi europei il mercato del lavoro italiano presenta ancora rilevanti criticità soprattutto con riferimento alla occupazione femminile e giovanile (tra le più basse in Europa con un divario nel 2023, rispettivamente di 13,7 e 16,2 punti percentuali rispetto alla media europea), ai tassi di lavoro sommerso (tra i più alti in Europa), alla occupazione della componente vulnerabile del mercato del lavoro e delle persone con disabilità in particolare.
2) Qualità della occupazione: luci e ombre
Nel corso del 2023, è aumentata l’occupazione a tempo indeterminato (+491 mila e cioè +3,3% rispetto al 2022). Sono aumentati anche i lavoratori indipendenti. Si contrae invece l’occupazione temporanea che, comunque, interessa ancora una vasta platea pari a circa 3 milioni di lavoratori. Ad aumentare è anche il numero di ore lavorate per dipendente.
In un quadro complessivo di crescita della occupazione a tempo indeterminato come fotografata dall’ISTAT e di quota decrescente dello stock di occupati temporanei, i dati di flusso delle comunicazioni obbligatorie forniti dal Ministero del lavoro e delle Politiche sociali e riferiti all’intero 2023, ci informano che le attivazioni di rapporti di lavoro sono state 13 milioni e 72mila, in crescita del 3,5% rispetto al 2022, ma di queste, solo il 17,2% sono state a tempo indeterminato (compreso l’apprendistato) mentre l’82,8% sono contratti temporanei (tempo determinato, collaborazioni, lavoro a chiamata, somministrazione). I rapporti di lavoro cessati nell’intero 2023 con una durata non superiore a 30 giorni rappresentano il 34,4% del totale dei rapporti chiusi, percentuale in crescita sul 2022 (pari al 33,8%). Accanto a ciò va rilevato anche un tendenziale aumento delle trasformazioni di contratti a termine in contratti a tempo indeterminato (1,4%) su base annua.
3) Il sottoutilizzo della forza lavoro: occupazione femminile e divari territoriali
Il tasso di occupazione resta una delle principali criticità del mercato del lavoro italiano. Rispetto alla media europea, con riferimento al IV trimestre del 2023, il tasso di occupazione risulta infatti inferiore di ben 8,5 punti percentuali, che diventano 12,7 in relazione alla componente femminile. Il tasso di occupazione calcolato nella media 2023 (ISTAT) è pari a 70,4 per la componente maschile e a 52,5 per quella femminile. Il divario è elevatissimo anche nel tasso di inattività, pari al 24% per gli uomini e al 41,5% per le donne. Altrettanto critico è l’andamento dei tassi di occupazione se letti in una prospettiva territoriale, con un tasso di occupazione del 69,8% nel Nord del Paese, del 66,1% nel Centro Italia e del 48,6% nel Mezzogiorno.
Nel complesso, la forza lavoro non utilizzata, ma potenzialmente impiegabile nel sistema produttivo ammonta a circa 4 milioni di persone, considerando 1,9 milioni di disoccupati e 2,1 milioni di forze di lavoro potenziali (ISTAT, IV trimestre 2023, classe di età 15-74). Desta particolare attenzione l’elevato numero di italiani inattivi: 12,3 milioni nella fascia di persone in età di lavoro, pari al 33,1% della popolazione di riferimento.
4) Giovani e lavoro
Per quanto riguarda i giovani e il mercato del lavoro, uno dei dati più significativi, spiegabile anche in ragione della contrazione della popolazione in età giovanile, è la riduzione del numero dei NEET (giovani fra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non frequentano una scuola o un percorso di formazione) passato da 1,5 milioni del IV trimestre del 2022 a 1,3 milioni al IV trimestre del 2023.
È inoltre significativo che il tasso di occupazione tra i giovani con una età compresa tra i 25 e i 34 anni sia aumentato dal 66,1% del 2022 al 68,1% del 2023, mentre il rispettivo tasso di inattività è diminuito dal 25,4% al 24% nello stesso periodo. Per quanto riguarda la fascia di età fra i 15 e i 24 anni il tasso di occupazione è aumentato dal 19,8% del 2022 al 20,4% del 2023, mentre il rispettivo tasso di inattività è sceso dal 74% al 73,6% nello stesso periodo.
Rispetto all’occupazione giovanile permangono tuttavia rilevanti criticità legate alla durata troppo lunga della transizione dalla scuola al lavoro, all’uso improprio dei tirocini formativi e di orientamento extracurriculari, all’assenza di consolidati percorsi duali di formazione e lavoro, al basso utilizzo dell’apprendistato, alla elevata discontinuità lavorativa e alle forme di lavoro subordinato mascherate come autonomo.
5) Disabilità e lavoro
Il rapporto tra disabilità e lavoro – e il funzionamento del collocamento mirato – sono una delle principali criticità del nostro mercato del lavoro. Secondo l’ultima rilevazione ISTAT 2022, su una popolazione di circa 3 milioni di persone con disabilità con gravi limitazioni funzionali nelle attività abitualmente svolte, quelle da considerare in età lavorativa sono circa 900mila. Le persone con disabilità con limitazioni funzionali non gravi in età lavorativa sono invece oltre 4 milioni. È facile constatare come la riserva occupazionale di cui alla legge 68 del 1999, pur fondamentale, non riesce ad assorbire la vasta offerta degli iscritti al collocamento mirato.
Ancora oggi l'accesso alla piena occupazione è fortemente precluso per chi ha una condizione di disabilità e l'inserimento è finanche più difficile se si è donna e si vive al Sud Italia. Su una popolazione italiana di oltre 5 milioni di persone con disabilità (conteggiando disabilità grave e meno grave) solo il 12% è occupato.
6) Salute e lavoro
Secondo INAIL nel corso del 2023 risultano in aumento le denunce per malattia professionale (+12mila, quasi il 20%). Gli infortuni denunciati all’INAIL nel corso del 2023 sono invece risultati in calo rispetto del 16% rispetto al 2022 (-112mila). A livello nazionale, i dati evidenziano un calo, in particolare, delle denunce di infortuni avvenuti in occasione di lavoro. Concentrando l’attenzione sui casi mortali denunciati all’INAIL, i dati provvisori del 2023 mostrano una diminuzione del 4,5% rispetto all’anno precedente, da 1.090 a 1.041. A calare sono quelli in itinere da 300 a 242 mentre quelli in occasione di lavoro aumentano di 9 casi da 790 a 799.
RELAZIONI INDUSTRIALI E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
7) Questione salariale e trattamenti minimi contrattuali
Nel 2023 le retribuzioni orarie stabilite dalla contrattazione nazionale sono cresciute del 2,4% nel settore privato non agricolo e del 3,1% nel complesso della economia. Rispetto all’incremento della inflazione nel 2023 (pari al 5,9% IPCA) la crescita dei salari orari è stata ancora inferiore, anche se si registrano segnali di un graduale recupero dell’adeguamento dei salari all’inflazione. Va in ogni caso rilevato che tra il 1991 e il 2022 i salari reali sono rimasti sostanzialmente stagnanti (con una crescita dell’1%) a fronte del 32,55% in media registrato in area OCSE.
8) Dimensione di impresa e produttività
Pur nella consapevolezza delle difficoltà di calcolo, legate soprattutto al settore terziario in cui viene meno il riferimento oggettivo al bene prodotto, quello della produttività oraria resta un importante parametro di confronto internazionale. In tal senso, la comparazione con le dinamiche salariali di Paesi con un cuneo fiscale in linea – o anche superiore – al nostro indica chiaramente come negli ultimi decenni la produttività italiana non sia cresciuta, diversamente da quanto avvenuto in Francia e Germania. Prima della crisi pandemica, nel periodo compreso tra il 2000 e il 2020, la produttività è infatti aumentata solo dello 0,33% in media all’anno nel nostro Paese, contro l’1% in Germania e lo 0,94 Francia.
9) Misure di incentivazione della contrattazione di produttività e del c.d. welfare aziendale
L’assenza di monitoraggio sistematico e di tipo qualitativo rende impossibile entrare nel merito della valutazione della efficacia o meno delle misure pubbliche a sostegno della contrattazione di produttività e del c.d. welfare aziendale. Trattandosi di una questione cruciale per il buon funzionamento del nostro sistema di relazioni industriali e considerate le ingenti risorse pubbliche destinate a questa finalità, il CNEL ha approvato l’avvio di due indagini campionarie: una sulla contrattazione aziendale di produttività e l’altra sul c.d. welfare aziendale con particolare riferimento alla previdenza complementare, alla assistenza sanitaria integrativa e al tema del long term care nel settore del credito.
10) Dinamiche della contrattazione collettiva e crisi aziendali
Attraverso i dati derivanti dal flusso Uniemens (come media delle dodici dichiarazioni mensili rese nell’anno dai datori di lavoro all’INPS) e il codice alfanumerico CNEL dei contratti collettivi nazionali di lavoro è possibile indicare il tasso di copertura della contrattazione collettiva nazionale di lavoro. Con riferimento ai contratti nazionali depositati al CNEL al 31 dicembre 2023 il tasso di copertura risulta pari al 98,7% dei dipendenti del settore privato (esclusi “agricoltura” e “lavoro domestico e di cura”) censiti dall’INPS per mezzo del flusso Uniemens e al 93% dei dipendenti del settore pubblico censiti dalla Ragioneria Generale dello Stato per mezzo del Conto annuale delle amministrazioni pubbliche.
Con riferimento ai soli contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL), risultavano depositati e vigenti, al 31 dicembre 2023, n. 1033 CCNL, di cui 971 relativi al settore privato (compresi “agricoltura” e “lavoro domestico e di cura”), 18 al settore pubblico e 44 accordi economici collettivi che riguardano alcune categorie di autonomi e parasubordinati. In particolare, tra il 1° gennaio 2023 e il 31 dicembre 2023, risultano essere stati sottoscritti 202 accordi che rinnovano oppure aggiornano specifiche clausole di 171 tra CCNL (del settore privato e del settore pubblico) e accordi economici collettivi.
Escludendo i settori contrattuali coperti solo parzialmente (Agricoltura) o non coperti affatto (lavoro domestico e di cura) da Uniemens, grazie alla evoluzione dell’archivio CNEL e alla collaborazione con INPS è possibile evidenziare come i 28 CCNL del settore privato con applicazione sopra i 100.000 dipendenti, pur rappresentando solo il 3,2% dei contratti depositati in archivio, coprono oltre 11 milioni di lavoratori, pari al 78,3% della forza lavoro dipendente tracciabile nei flussi Uniemens.
Estendendo l’osservazione dei dati Uniemens emerge che i 102 CCNL con applicazione sopra i 10.000 dipendenti coprono la quasi totalità dei dipendenti del settore privato: 13.929.931 lavoratori, pari al 96,8% della forza lavoro del settore privato tracciata da Uniemens (esclusi agricoltura e lavoro domestico).
Si evidenzia in particolare che 622 CCNL (pari al 70,5%) si applicano a meno di 500 dipendenti e, in totale, coprono lo 0,4% dei dipendenti.
Quanto ai soggetti firmatari, lato sindacato, va segnalato che degli 882 CCNL del settore privato depositati al 31 dicembre 2023 (esclusi i settori agricoltura e lavoro domestico e di cura, per i quali, come detto sopra, non sono rilevati i dati attraverso il flusso informativo Uniemens), 201, che rappresentano 13.858.739 lavoratori, sono sottoscritti da federazioni di categoria comparativamente più rappresentative aderenti a Cgil, Cisl, Uil; 285, che rappresentano 158.612 lavoratori, risultano sottoscritti da organizzazioni sindacali non rappresentate al CNEL. Il 96,3% dei lavoratori del settore privato con CCNL noto (sempre con esclusione del settore agricolo e del settore domestico) è coperto da un CCNL sottoscritto da federazioni di categoria aderenti a Cgil, Cisl, Uil.
Questi dati evidenziano, nel complesso, un buono stato di salute del nostro sistema di relazioni industriali con una applicazione generalizzata dei contratti collettivi e con dinamiche contrattuali ancora oggi largamente governate dai sindacati confederali anche se restano in ogni caso da indagare le cause del fenomeno del dumping contrattuale.
Cresce indubbiamente il numero dei contratti depositati al CNEL – e il fenomeno va attentamente monitorato – ma, guardando al peso in termini di lavoratori e aziende a cui effettivamente questi contratti si applicano, è possibile affermare che sono 100 i principali CCNL in Italia e ciò nel senso che questi 100 CCNL, che vedono come soggetti firmatari lato sindacale Cgil, Cisl, Uil, regolamentano nel complesso la quasi totalità dei rapporti di lavoro nel settore privato.
Rispetto alla contrattazione collettiva di livello nazionale persiste infine il grave problema del ritardo nei rinnovi contrattuali, quantunque la recente firma di tre dei quattro principali contratti del terziario abbia consentito di ridurre in modo significativo (ma non ancora sufficiente) il numero di lavoratori e lavoratrici penalizzati da questo fenomeno in termini di tutela del potere d’acquisto. Secondo quanto certificano i dati elaborati grazie alle informazioni contenute nell’archivio nazionale dei contratti collettivi, il numero complessivo di lavoratori in attesa di rinnovo è oggi (alla data di pubblicazione del rapporto) di circa 5 milioni (nel 2023 erano circa 7,7 milioni).
Dal sito internet del CNEL