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LA PROVA DEI TASSI DI INTERESSE

L'Economic Brief di Fondosviluppo propone un'analisi della situazione economica italiana alla luce dei progressivi rialzi del costo del denaro.

venerdì 1 settembre 2023

Lo scenario economico per il 2023, nel primo semestre, sembra assumere un corso migliore del previsto, nonostante le minacce che continuano a interessare le economie mondiali e, principalmente, quelle europee: la guerra in Ucraina, che sembrerebbe “normalizzarsi” in
una guerra di posizionamento di lungo termine; la “deglobalizzazione”, figlia dello scenario geopolitico conseguente (“West vs Rest”), con un riassestamento delle catene globali e del commercio internazionale; l’inflazione, che seppur in discesa, non è ancora a livelli accettabili, né il suo contenimento è senza costi economici e sociali connessi all’aumento dei tassi; le sfide del cambiamento climatico e della trasformazione digitale, che interrogano le economia avanzate rispetto alla sostenibilità di scelte e politiche in attuazione, oltre che dei costi economici e sociali che queste comportano.

 

In questo contesto, le prospettive di crescita per l’economia europea sono positive, 0,8% per il 2023, per l’Italia leggermente più elevate, +1,1%, stime confermate dall’andamento del primo trimestre 2023, con l’Italia che cresce di 0,6%, mentre la zona Euro registra -0,1%. Le prospettive per il 2024, tuttavia, sono leggermente peggiori del 2023: la sfida della crescita economica di lungo periodo resta ancora elevata per il nostro paese.


L’inflazione continua la sua decelerazione, probabilmente meno repentina di quanto desiderabile e meno marcata per la cosiddetta “inflazione core”. Un inverno meno rigido, minori consumi energetici e le politiche di contenimento del prezzo del gas hanno fatto tornare i prezzi dei beni energetici a livelli maggiormente sopportabili, questo ha comportato una discesa dell’inflazione: +6,4% nel Giugno 2023, lontano dal 8,1% registrato l’anno scorso, pur sempre però leggermente più alto di quanto registrato a livello medio nell’area euro, +5,5% nel giugno 2023.

 

A contribuire alla discesa c’è stata anche e soprattutto la riduzione di liquidità e di offerta monetaria praticata dalla BCE che ha
continuato, seppur con minore intensità, gli aumenti dei tassi di interessi ufficiali, aumentati di 3,5% da luglio 2022 a marzo 2023, oggi si
attestano attorno al 4%. Tutto ciò ha avuto un effetto immediato dal lato del costo dei finanziamenti, con un aumento dei tassi dei prestiti
alle imprese in Italia che è oggi superiore, inmedia, al 4,5%.

 

La stessa BCE stima come impatto della politica monetaria: aumenti dei tassi a breve di poco meno del 1% nel 2022, del 3,7% nel 2023, del 3,3% nel 2024 e del 2,7% nel 2025; una riduzione di 2% dell’inflazione nel 2023, 2024 e nel 2025; un PIL che si ridurrebbe di 0,5% l’anno dal 2022 al 2025. 

 

Per le cooperative, in termini cumulativi questi nuovi tassi, ad una prima stima, comporterebbero 162 milioni di oneri finanziari in più fino al 2025, + 30% in maniera cumulata, e + 14% dal 2021 al 2025. Per queste ragioni, le politiche fiscali anticicliche, in misura maggiore il PNRR per l’Italia, sono quanto mai necessarie a mitigare i rischi negativi incombenti sullo scenario economico e le cooperative possono contribuire a ciò.

 

In ultimo, un focus è stato realizzato per analizzare effetti e correlazioni dei tassi di interesse, sia a livello macroeconomico nel lungo
periodo che a livello micro, sulle cooperative italiane. Per quanto riguarda l’analisi macro, comparando le principali economie mondiali,
dagli anni 70 ad oggi, si evince che i tassi di interesse a lungo termine risultano associati a tassi di crescita economica più elevata e a tassi
di inflazione più elevata, i tassi di interesse a breve hanno un coefficiente negativo in relazione alla crescita economica ma non statisticamente significativo; invece consumi, investimenti e esportazioni nette contribuiscono in misura determinante alla crescita del PIL (ovviamente è lecito attendersi effetti negativi indiretti dei tassi di interessi su Consumi, Investimenti e Esportazioni nette quanto direttamente registrato sul PIL: stime autorevoli suggeriscono un impatto massimo dell’aumento dei tassi ritardato di 1,5 anni sul PIL e da 1 a 2 anni sull’inflazione).


Le interazioni con l’Italia segnano coefficienti maggiormente negativi ma non statisticamente significativi. L’Italia, perciò, potrebbe, più di altri paesi, essere “penalizzata” dagli alti tassi di interesse. Per quanto riguarda le imprese cooperative, i modelli econometrici relativi solo a
poco meno di 40 mila cooperative, osservate dal 2017 al 2021, evidenziano una correlazione negativa degli oneri finanziari, in termini
assoluti, sul fatturato (circa 1 euro di interessi in più è associato a -2,5 euro di fatturato in meno).

 

In termini di variazione logaritmica del fatturato, non sempre i modelli danno la stessa risposta; invece sembrerebbe più chiara la interazione con la variazione dell’utile di esercizio: sia in valore assoluto che in variazione logaritmica, ossia un maggiore onere finanziario è
associabile a minori utili. Nella sostanza, se applicassimo gli aumenti BCE, si tratterebbe per le cooperative italiane di una variazione del fatturato in aumento di 7% ma di una riduzione degli utili di 11%. Differenze settoriali ovviamente sono possibili visto che nei settori maggiormente “capital intensive” e industriali, l’attività economica è maggiormente sensibile agli aumenti dei tassi di interesse e v’è da precisare che nel complesso le cooperative sono “labour intensive”, meno presenti in questi settori rispetto ad altre tipologie di impresa.

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