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ITALIA 2050

Le previsioni della popolazione residente e delle famiglie secondo l'Istat: sfide e prospettive di una società in transizione.

venerdì 5 settembre 2025

Le ultime previsioni demografiche, aggiornate al 2024, disegnano un processo di transizione all’interno del quale il peso dell’odierna struttura per età della popolazione è prevalente rispetto ai comportamenti demografici attesi, pur in un quadro di incertezza.

A loro volta, ulteriore aumento della sopravvivenza, bassa natalità e trasformazioni familiari confermano un cambiamento continuo nella struttura della popolazione che comporterà un auto-rafforzamento del processo di invecchiamento, nonostante il positivo apporto delle migrazioni con l’estero.

La popolazione residente, oggi circa 59 milioni, è prevista in diminuzione a 54,7 milioni entro il 2050, con un calo graduale ma costante nel tempo.

Entro lo stesso anno la quota di anziani di 65 anni e più sale al 34,6% (dal 24,3%), quella di individui di 15-64 anni scende al 54,3% (dal 63,5%). Scende di un punto percentuale la quota di giovani fino a 14 anni (dal 12,2 all’11,2%).

Una famiglia su cinque sarà composta da una coppia con figli (oggi tre su 10) mentre il 41,1% delle famiglie sarà formata da persone sole (oggi 36,8%).

 

Calo della popolazione più che probabile ma ampio il margine di variabilità

L’attesa futura diminuzione della popolazione residente segue l’andamento negativo registrato negli ultimi 10 anni. Lo scenario di previsione “mediano” delinea un ulteriore calo di 478mila individui entro il 2030 (58,5 milioni), con un tasso di variazione medio annuo pari al -1,2‰. Nel medio termine la diminuzione della popolazione subisce un’accelerazione: da 58,5 milioni a 54,7 milioni tra il 2030 e il 2050 (tasso di variazione medio annuo pari al -3,3‰).

Nel lungo periodo la dinamica demografica prevista ha un impatto ancora maggiore sulla numerosità della popolazione. In base allo scenario mediano, essa scenderebbe nel 2080 a 45,8 milioni, ulteriori 8,8 milioni in meno rispetto al 2050 (-5,4‰ in media annua). Sotto tale ipotesi il calo complessivo dall’anno base dell’esercizio (2024) ammonterebbe a 13,1 milioni di residenti. L’incertezza delle previsioni demografiche è positivamente correlata alla distanza tra l’anno base e l’anno di previsione. Nel 2050 l’intervallo di confidenza al 90% (la situazione in cui il valore corretto risulta all’interno dei due estremi con probabilità pari al 90%) associato alla numerosità della popolazione è pari a 4,1 milioni (52,5 – 56,8). Nel 2080 esso raggiunge il valore di 13,8 oscillando tra 39,0 e 52,8 milioni.

Considerando gli estremi degli intervalli di confidenza al 90%, nell’ipotesi più favorevole la popolazione potrebbe subire una perdita di “soli” 6,2 milioni tra il 2024 e il 2080, di cui 2,2 milioni già entro il 2050. Al contrario, nello scenario di maggiore diminuzione, nel 2080 la popolazione avrebbe 20,0 milioni di individui in meno rispetto ad oggi, 6,5 milioni dei quali già persi nel 2050. In conclusione, sembra inevitabile che la popolazione diminuisca, pur a fronte di evidenze numeriche profondamente diverse l’una dall’altra, che richiamano nell’immagine scenari non solo demografici ma anche sociali ed economici di impatto altrettanto diverso.

Tutto il territorio nazionale sarà interessato da un progressivo spopolamento, ma con alcune differenze a livello geografico. Tale variabilità farà sì che nel Mezzogiorno il fenomeno raggiunga una dimensione maggiormente significativa rispetto al Centro-nord. Secondo lo scenario mediano, nel breve termine si prospetta nel Nord un lieve ma significativo incremento di popolazione (+1,1‰ annuo fino al 2030). Al contrario nel Centro (-1,3‰) e soprattutto nel Mezzogiorno (-4,8‰) si preannuncia un calo di residenti.

Nel periodo intermedio (2030-2050), e ancor più nel lungo termine (2050-2080), il calo di popolazione sarà invece generalizzato in tutte le ripartizioni geografiche, ma nel Mezzogiorno l’intensità della diminuzione raggiungerà livelli più alti. Nel lungo periodo, la popolazione del Nord potrebbe ridursi di 2,8 milioni di abitanti entro il 2080 ma di appena 200mila se si guarda al 2050. Ben diverso è il percorso evolutivo della popolazione nel Mezzogiorno, la quale nel 2080 potrebbe ridursi di 7,9 milioni di abitanti, 3,4 milioni dei quali già entro il 2050.

L’incertezza che accompagna le evidenze sopra descritte può portare in parte a differenti valutazioni. Nel Nord, ad esempio, è potenzialmente possibile anche un percorso di leggera ma costante crescita demografica (fino a 1,1 milioni di residenti in più al 2080), come rappresentato dal limite superiore dell’intervallo di confidenza. Viceversa, tanto nel Centro quanto nel Mezzogiorno tale possibilità non è mai contemplata, nemmeno sotto le ipotesi di scenario più favorevoli.

 

Dinamica naturale irreversibile, più incertezza sul versante dei flussi migratori

Da oltre 15 anni l’Italia affronta un ricambio naturale negativo, alla base della riduzione della popolazione, nonostante la parziale contropartita di dinamiche migratorie con l’estero di segno positivo. Questa tendenza si consolida nel futuro. Secondo lo scenario mediano, tra il 2024 e il 2080, si avrebbero complessivamente 20,5 milioni di nascite, 43,7 milioni di decessi, 18,0 milioni di immigrazioni dall’estero e 8,2 milioni di emigrazioni per l’estero. La trasformazione della popolazione non sarà solo quantitativa ma anche qualitativa, cambiandone profondamente le caratteristiche strutturali.

La misura dell’incertezza associata alle varie ipotesi sul futuro comportamento demografico spinge ad affermare che fino al 2080 sarà improbabile riportare in equilibrio l’odierna distanza tra nascite e decessi. Infatti, anche negli scenari di natalità e mortalità più favorevoli il numero di nascite non compensa quello dei decessi. Ad esempio, il limite superiore dell’intervallo di confidenza per le nascite (scenario nel quale il numero medio di figli per donna cresce fino a 1,85 nel 2080) identifica una quantità costantemente più bassa di quella prevista lungo il limite inferiore dei decessi.

Nello scenario mediano, dove si contempla una crescita della fecondità da 1,18 figli per donna nel 2024 a 1,46 nel 2080, il massimo delle nascite risulta pari a 401mila unità nel 2038. In seguito, il previsto aumento dei livelli riproduttivi medi non porta un parallelo aumento delle nascite, in quanto contrastato da un calo progressivo delle donne in età feconda. Basta considerare che nel 2024 il numero delle donne in età 15-49 anni ammonta a 11,5 milioni e che, in base allo scenario mediano, tale contingente è destinato a contrarsi fino a 9,1 milioni nel 2050 e a 7,6 milioni nel 2080. D’altra parte, lo scenario più favorevole di una fecondità in rialzo fino a 1,85 figli per donna nel 2080, registrando un intermedio di 1,59 figli per donna nel 2050, restituisce un livello di nascite inferiore alle 500mila unità annue.

Anche la mortalità sarà interessata da cambiamenti nella struttura per età della popolazione. Secondo lo scenario mediano, il picco di decessi sarà raggiunto nel 2059 (851mila) nonostante la speranza di vita sia prevista in crescita per tutto il periodo previsivo (86,1 e 89,7 anni quella prevista alla nascita nel 2080, rispettivamente per uomini e donne, con un guadagno di 4,4 anni per i primi e di 4,1 anni per le seconde sul 2024).

Lo scenario mediano contempla un saldo migratorio netto con l’estero ampiamente positivo. Si prevede una prima fase più intensa, fino al 2040, cui corrisponde una media di flussi netti poco inferiore alle 200mila unità annue. Segue, quindi, una fase di stabilizzazione che si protrae fino al 2080 a una media annuale di 165mila unità.

I futuri flussi migratori non controbilanciano il segno negativo della dinamica naturale. Nondimeno, essi sono contraddistinti da incertezza, per la presenza di molteplici fattori (spinte migratorie nei Paesi di origine, attrattività del Paese sul piano economico-occupazionale, instabilità del quadro geopolitico internazionale caratterizzato da crisi belliche e dal potenziale innesco di periodi di recessione economica alternati a periodi di ripresa). L’analisi dei risultati a lungo termine deve pertanto corredarsi di grande cautela; sotto tale punto di vista è significativo che l’intervallo di confidenza al 90% del saldo migratorio netto con l’estero restituisca nel 2080 estremi che variano da -20mila a +349mila unità.

 

Incerto il livello ma non la direzione, italiani più anziani e più longevi

La popolazione di 65 anni e più oggi rappresenta il 24,3% del totale, quella fino a 14 anni di età il 12,2%, quella tra i 15 e i 64 anni il 63,5%. L’età media della popolazione ha raggiunto il valore di 46,6 anni. Di fatto, la popolazione del Paese è già entrata in una fase accentuata e prolungata di invecchiamento. Dalle prospettive future scaturisce un’amplificazione di tale processo, perlopiù determinato dall’attuale articolazione per età della popolazione. Il presente invecchiamento della popolazione avrà un’importanza maggiore rispetto agli altri cambiamenti immaginati: l’evoluzione della fecondità, della mortalità e delle dinamiche migratorie, in base a un rapporto all’incirca, di due terzi e un terzo rispettivamente.

Entro il 2050 le persone di 65 anni e più potrebbero rappresentare il 34,6% del totale secondo lo scenario mediano, mentre l’intervallo di confidenza al 90% presenta un campo di variazione compreso tra un minimo del 33,2% e un massimo del 35,9%. Una significativa crescita è attesa anche per la popolazione di 85 anni e più, quella all’interno della quale si concentrerà una più importante quota di individui fragili, dal 3,9% nel 2024 al 7,2% nel 2050, con margini di confidenza tra il 6,4 e l’8%. Comunque vadano le cose l’impatto sulle politiche di protezione sociale sarà importante, visti i crescenti fabbisogni della popolazione più anziana.

La quota di giovani fino a 14 anni è prevista in ulteriore discesa fino al valore dell’11,2% nel 2050, secondo lo scenario mediano, nonostante si preveda una fecondità in parziale recupero. Sul piano dei rapporti intergenerazionali, inoltre, la quota di ultrasessantacinquenni potrebbe essere più di tre volte superiore a quella rappresentata da bambini e ragazzi.

La quota di popolazione anziana crescerà ancora come conseguenza del transito verso le età senili delle consistenti generazioni degli anni del baby boom (nati negli anni ’60 e prima metà dei ’70). Contemporaneamente, la popolazione in età lavorativa 15-64 anni scenderà al 54,3% in base allo scenario mediano, con una forchetta potenziale compresa tra il 53,2% e il 55,4%, evidenziando anche qui un quadro evolutivo certo, con importanti ricadute sul mercato del lavoro e sui fabbisogni da garantire al sistema di welfare.

Tra le future trasformazioni demografiche va evidenziato il processo di invecchiamento nel Mezzogiorno (Prospetto 2). Per quanto tale ripartizione geografica presenti ancora oggi un profilo per età più giovane, l’età media dei suoi residenti transita da 45,8 anni nel 2024 a 51,6 anni nel 2050 (scenario mediano), sopravanzando sia il Nord, che nel medesimo anno raggiungerebbe un’età media di 50,2 anni, sia il Centro che si attesterebbe a 51,2 anni.

 

Previsto un calo delle famiglie con almeno un nucleo

Nello scenario mediano il numero di famiglie in Italia aumenta da 26,5 milioni nel 2024 a 27,2 milioni nel 2040. Dopo questa prima prolungata fase, si prevede una leggera diminuzione fino a raggiungere i 26,8 milioni nel 2050. Nel complesso, tra il 2024 e il 2050, le famiglie aumenterebbero dell’1%.

La crescita del numero di famiglie deriverà prevalentemente da un incremento di quelle senza nuclei (ossia che non presentano una relazione di coppia o una di tipo genitore-figlio) che salgono da 10,4 a 11,9 milioni (+14%), arrivando a rappresentare nel 2050 il 44,3% delle famiglie totali (39,3% nel 2024). Al contrario, le famiglie con almeno un nucleo, che rappresentano nell’immaginario la famiglia tipica, diminuirebbero di oltre il 7%: tali famiglie, nel 2024 pari a 16,1 milioni (il 60,7% del totale delle famiglie), nel 2050 scenderebbero a 14,9 milioni, costituendo così il 55,7% delle famiglie.

Il calo delle famiglie con nuclei è il frutto delle dinamiche socio-demografiche in atto in Italia negli ultimi decenni: l’invecchiamento della popolazione, con l’aumento della speranza di vita, genera un maggior numero di persone sole; il prolungato calo della natalità incrementa le persone senza figli; l’aumento dell’instabilità coniugale, in seguito al maggior numero di scioglimenti di legami di coppia, determina un numero crescente di individui soli e di monogenitori.

Le previsioni delle famiglie evidenziano uno sviluppo “a parabola” del loro numero: una crescita fino al 2040 seguita da una diminuzione. Questo andamento dipende da un’evoluzione strutturale della popolazione. In una prima fase, il numero di famiglie aumenta sulla spinta dell’incremento delle persone sole (spesso anziani), successivamente cala con la progressiva estinzione delle generazioni del baby boom e la conseguente riduzione della popolazione complessiva.

I fattori sopra enunciati portano anche a una progressiva riduzione della dimensione familiare media che scenderà da 2,21 componenti nel 2024 a 2,03 nel 2050, determinando quindi la presenza di famiglie sempre più piccole e frammentate. Anche le famiglie con almeno un nucleo varieranno la loro dimensione media da 2,91 a 2,73 componenti.

 

Cresce la quota di persone sole sul totale delle famiglie

L’aumento della speranza di vita e dell’instabilità coniugale, come detto, fanno sì che le persone che vivono sole cresceranno del 13% tra il 2024 e il 2050, passando da 9,7 a 11 milioni in termini assoluti e dal 36,8% al 41,1% del totale delle famiglie. Tale aumento, assoluto e relativo, comporta in modo preponderante la crescita globale del numero di famiglie. Particolarmente accentuata sarà la crescita delle donne che vivono sole, che passeranno da 5,3 a 6,2 milioni (+18%). Gli uomini che vivono soli, invece, avranno un incremento dell’8%, passando nello stesso periodo da 4,5 a 4,8 milioni.

 

Sempre più anziani tra gli individui che vivono soli

L’aumento delle persone sole ha un importante impatto sociale, considerando che è soprattutto nelle età più avanzate che aumentano in maniera significativa. Già nel 2024, tra i 9,7 milioni di persone sole, quelle con 65 anni e più ammontano a 4,6 milioni. Negli anni a venire gli ultrasessantacinquenni soli sono destinati a crescere in misura consistente fino a pervenire nel 2050 a 6,5 milioni.

Per gli individui soli fino a 64 anni di età, invece, si prospetta una dinamica evolutiva più stabile. Dagli attuali 5,2 milioni, il 60% dei quali uomini, questo segmento della popolazione dovrebbe scendere a poco meno di 5 milioni entro il 2035. Successivamente, a causa del declino complessivo che caratterizzerà la popolazione in età adulta, si prevede una diminuzione fino a circa 4,5 milioni nel 2050.

Anche dopo i 65 anni di età il vivere soli muta a seconda del genere: contrariamente a quanto si riscontra tra gli individui fino a 64 anni, in questo caso sono le donne a prevalere numericamente, grazie al loro vantaggio di sopravvivenza. Se già nel 2024 le donne sole ultrasessantacinquenni ammontano a 3,2 milioni, alla fine del periodo previsivo diventeranno 4,5 milioni, con una crescita del 41%. Tra gli uomini soli ultrasessantacinquenni, invece, si prevede una crescita da 1,3 milioni a circa 2,0 (+46%).

Il vivere soli, una condizione spesso involontaria, nel caso delle persone anziane può condizionare la qualità della vita, soprattutto quando crescono le limitazioni nelle attività quotidiane. Se, infatti, per gli individui di 65 anni o più diventa sempre meno frequente riscontrare limitazioni alle capacità funzionali, ben diversa è la situazione al superamento di una soglia di età pari a 75 anni, più soggetta a bisogni specifici e fragilità legate all’invecchiamento. Il numero di ultrasettantacinquenni che potrebbero vivere da soli, in particolare, è destinato a salire di oltre 1,7 milioni (di cui 1,2 milioni di donne) nel 2050, raggiungendo la cifra assoluta di 4,6 milioni di individui soli (di cui 3,4 milioni di donne).

 

Verso una società con una sola coppia con figli ogni cinque famiglie

A causa della bassa fecondità degli ultimi decenni, e sulla base delle ipotesi considerate nello scenario mediano, si prevede che le coppie con figli continueranno a diminuire. Oggi sono 7,6 milioni e rappresentano meno di tre famiglie su 10 (28,6%), entro il 2050 potrebbero scendere a 5,7 milioni (-24%) arrivando così a poco più di due famiglie su 10 (21,4%).

In lieve aumento, invece, saranno le coppie senza figli che si prevede saliranno da 5,4 milioni nel 2024 a 5,7 milioni nel 2050 (+6%), arrivando a rappresentare il 21,2% del totale delle famiglie. La contrapposta dinamica tra coppie con o senza figli comporta una progressiva riduzione del divario numerico tra le due tipologie familiari. Se a livello nazionale arriverebbero quasi a pareggiarsi entro il 2050, in alcune aree del Paese, come il Nord e il Centro, a quella data si sarebbe già verificato il sorpasso delle seconde sulle prime.

La crescente instabilità coniugale porterà a un leggero aumento dei genitori soli, che passeranno dal 10,9% al 12,1% del totale famiglie tra il 2024 e il 2050. In valori assoluti la variazione risulterebbe da 2,9 a 3,2 milioni. Per la maggior parte dei casi continuerà a trattarsi, come oggi, di madri sole, ma la quota di padri soli sul totale dei monogenitori è prevista in crescita dal 21% al 25%.

Trasformazioni familiari in convergenza tra Centro-nord e Mezzogiorno

In passato il Mezzogiorno presentava una fecondità maggiore, mentre nel Centro e nel Nord si registravano tassi più elevati di instabilità coniugale e un invecchiamento della popolazione più marcato. Negli anni recenti, almeno dall’inizio del nuovo millennio, il quadro è andato parzialmente modificandosi: la fecondità è in discesa ovunque, anche in Campania e Sicilia che mantengono un vantaggio solo relativo; molte regioni del Mezzogiorno presentano un più accentuato invecchiamento e sono già dentro una spirale di apparente non ritorno sul piano strutturale (ad es. Molise, Basilicata, Sardegna); infine le moderne trasformazioni familiari, pur in presenza di una maggiore diffusione delle coppie con figli, hanno inciso anche nelle regioni meridionali.

In questo recente quadro evolutivo, le previsioni delle famiglie non fanno che rafforzare una convergenza territoriale, con un Mezzogiorno che transita verso schemi sociodemografici sempre più simili a quelli del Centro e del Nord. Si prevede, infatti, un trend in diminuzione delle famiglie con almeno un nucleo particolarmente accentuato nel Mezzogiorno (dal 63,1% nel 2024 al 57,6% nel 2050), che però rimane la ripartizione con la quota più alta di queste famiglie (rispettivamente Nord e Centro avrebbero nel 2050 il 55,1% e il 54,3%). Le famiglie composte da coppie con figli subirebbero poi i cambiamenti più rilevanti. Il Mezzogiorno manterrebbe la proporzione più alta per questo tipo di famiglie, anche se la loro presenza sembrerebbe destinata a diminuire sensibilmente: dal 31,5% nel 2024 al 22,7% nel 2050. Le famiglie senza nuclei si confermano maggiormente presenti nel Nord e nel Centro (nel 2050 raggiungerebbero, rispettivamente, il 44,9% e il 45,7%). Ciononostante l’aumento maggiore si avrebbe nel Mezzogiorno, pari a 5,5 punti percentuali (dal 36,9% al 42,4%).

Anche i fattori sociali che nel loro insieme caratterizzeranno la futura consistenza delle persone sole sembrano suggerire un quadro di convergenza territoriale. Secondo le previsioni, nel Nord le persone sole nel 2050 saranno il 41,9%, registrando un incremento di 4 punti percentuali sul 2024. Stesso incremento quello che avrebbero le persone sole nel Centro, ma partendo da una quota più elevata ciò porterà tale ripartizione a mantenerne il primato (42,8%). Più significativo l’incremento che si avrebbe nel Mezzogiorno (+4,9 punti percentuali, 38,7%) che determinerà in tale ripartizione la condizione di avvicinarsi ai livelli del Centro-nord.

Le coppie senza figli sono previste ovunque in leggera crescita. Continueranno a essere più diffuse al Nord (22,2% nel 2050) mentre nel Mezzogiorno potrebbero salire al 20,2%. Le trasformazioni familiari previste porteranno a una comune riduzione della dimensione familiare media su tutto il territorio. Se in Italia, come detto, si prevede una diminuzione da 2,21 a 2,03 componenti, nel Nord e nel Centro, dove oggi i valori sono pari a 2,16 componenti, si potrebbe scendere nel 2050 a circa 2 componenti, mentre il Mezzogiorno passerebbe da 2,32 a 2,06.

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