Al 1° gennaio 2024 la popolazione residente in Italia è pari a 58 milioni 990mila unità (dati provvisori), in calo di 7mila unità rispetto alla stessa data dell’anno precedente (-0,1 per mille abitanti). Confermando quanto già emerso nel 2022 (-33mila unità) prosegue il rallentamento del calo di popolazione che, dal 2014 al 2021 (-2,8 per mille in media annua), ha contraddistinto il Paese nel suo insieme.
Prosegue il calo delle nascite nel 2023. Secondo i dati provvisori, i nati residenti in Italia sono 379mila, con un tasso di natalità pari al 6,4 per mille (era 6,7 per mille nel 2022). La diminuzione delle nascite rispetto al 2022 è di 14mila unità (-3,6%). Dal 2008, ultimo anno in cui si è assistito in Italia a un aumento delle nascite, il calo è di 197mila unità (-34,2%).
La riduzione della natalità riguarda indistintamente nati di cittadinanza italiana e straniera. Questi ultimi, pari al 13,3% del totale dei neonati, sono 50mila, 3mila in meno rispetto al 2022. La diminuzione del numero dei nati residenti del 2023 è determinata sia da una importante contrazione della fecondità, sia dal calo della popolazione femminile nelle età convenzionalmente riproduttive (15- 49 anni), scesa a 11,5 milioni al 1° gennaio 2024, da 13,4 milioni che era nel 2014 e 13,8 milioni nel 2004.
Anche la popolazione maschile di pari età, tra l’altro, subisce lo stesso destino nel medesimo termine temporale, passando da 13,9 milioni nel 2004 a 13,5 milioni nel 2014, fino agli odierni 12 milioni di individui. Da quanto detto sopra emerge un saldo naturale ancora fortemente negativo (-281mila unità).
Le iscrizioni dall’estero (416mila) e le cancellazioni per l’estero (142mila) determinano un saldo migratorio con l’estero positivo di 274mila unità. In tali condizioni, che consentono di compensare quasi totalmente il deficit dovuto alla dinamica naturale con una dinamica migratoria favorevole, la popolazione residente ha la possibilità di rimanere, almeno sul piano numerico, in sostanziale equilibrio.
I decessi (661mila nel 2023) registrano una diminuzione di 54mila unità sull’anno precedente. Il calo del numero totale di eventi coinvolge soprattutto la popolazione anziana, all’interno della quale come noto si concentra la gran parte dei decessi. Il 75% della diminuzione rilevata interessa, in particolare, individui di almeno 80 anni di età.
Una fascia di popolazione, quest’ultima, particolarmente colpita negli anni della pandemia durante i quali è risultata sottoposta a un significativo eccesso di mortalità anticipata, soprattutto nella sua componente più fragile. La mortalità precoce di tali individui osservata a varie ondate nell’arco del triennio 2020-22, anni durante i quali si sono avuti rispettivamente 740mila, 701mila e 715mila decessi, i massimi mai riscontrati in precedenza, ha comportato un ritorno quasi ai livelli di mortalità di epoca pre-pandemica.
Nel 2023, infatti, il tasso generico di mortalità si assesta sull’11,2 per mille. Per quanto ancora superiore a quello del 2019 (10,6 per mille), anche per un connaturato effetto crescita legato alla struttura per età della popolazione, è ben inferiore al 12,1 per mille del 2022 e allo stesso 12,5 per mille del 2020. In tali condizioni, il calo della mortalità si traduce in un cospicuo balzo in avanti della speranza di vita alla nascita che si porta a 83,1 anni nel 2023, guadagnando sei mesi sul 2022.
Tra gli uomini la speranza di vita alla nascita raggiunge gli 81,1 anni (+6 mesi sul 2022) mentre tra le donne si riscontra un dato di 85,2 anni e un guadagno sul 2022 leggermente inferiore a quello maschile (+5 mesi). Cosicché, mentre gli uomini hanno recuperato i livelli di sopravvivenza ante pandemia (precisamente 81,1 anni nel 2019), le donne presentano ancora margini di recupero (85,4 anni nel 2019).